domenica 18 novembre 2012

Ai confini della realtà... e ai limiti del paradossale

"Ai confini della realtà" sembrano alcune opere esposte alla mostra "David Lynch. Chaos theory of violence and silence". L'artista, manco a dirlo, il famoso regista di Mulholland Drive e della serie Twin Peaks, il poliedrico David Lynch, del quale sono esposti quadri, fotografie e cortometraggi.

Un mix di linguaggi per comunicare sempre la stessa inquietudine, che si esprime in macchie nere informi, figure essenziali, particolari estremamente incisivi.

No Santa Claus
Bob's second dream 
Boy lights fire, 2012

  I see my love, 2012


Nella serie di quadri esposti vengono proposte immagini volutamente disturbanti: braccia lunghissime e meccaniche, chiazze rosse ad evocare il sangue, particolari amorfi in rilievo creati con materiali plastici, luci di vari colori che volutamente discordano dal resto.

Lynch non sembra interessato ad esprimere un contenuto che possa essere interpretato e inteso in tutte le sue parti; l'importante è trasmettere suggestioni. Non è un caso che faccia spesso riferimento alla dimensione del sogno, di cui al risveglio non ci rimane un'immagine nitida e cosciente, ma solo vaghe, inquiete sensazioni.



Precedentemente ero invece al Museo Nazionale di Arte Occidentale 国立西洋美術館 a Ueno.
La storia di questo museo è molto interessante. La maggior parte delle opere sono state raccolte da Kojiro Matsukata che durante la Prima Guerra Mondiale aveva fatto fortuna tramite attività commerciali. La quantità di opere acquistate da Matsukata era enorme, circa 10.000 pezzi, con i quali nutriva il sogno di poter aprire un museo d'arte in Giappone. Purtroppo però la sua azienda entrò in crisi e dovette vendere un gran numero di opere. Nel frattempo, parte del patrimonio che aveva lasciato in Europa venne distrutto (un incendio nel magazzino di Londra nel 1939) oppure, nel caso delle opere nel magazzino di Parigi, sequestrate al termine della Seconda Guerra Mondiale, dalla quale il Giappone usciva sconfitto.
Il patrimonio sequestrato fu resituito in seguito grazie ad accordi di collaborazione e amicizia tra Francia e Giappone, così che nel 1959 fu possibile inaugurare il Museo Nazionale di Arte Occidentale, in un edificio realizzato dal famoso architetto francese Le Corbusier.

Tra le varie opere esposte, ce ne sono anche di autori molto famosi: si parte dal XVI secolo con Tintoretto, Vasari, Veronese, fino al XIX e XX secolo con nomi famosissimi quali Delacroix, Dante Gabriel Rossetti, Manet, Pissarro, Renoir, Monet, Cezanne, Van Gogh, fino a Pollock e Miro.
Ovviamente la maggior parte di questi artisti era rappresentata da uno o due quadri (a parte Monet, del quale è presente un buon numero di opere), ma nell'insieme risulta comunque molto interessante perché riesce a dare una sintetica visione d'insieme.


Particolare da "Vanità. Natura morta con libri, un manoscritto e un teschio" (1663) di Edwaert Collier

 Particolare da "Le Ninfee" (1916) di Claude Monet 

 Particolare da "Il porto di Saint-Tropez" (1901) di Paul Signac

"Number 8, 1951, Black Flowing" di Jackson Pollock

"Painting" (1953) di Joan Mirò.

E qui si giunge ai limiti del paradossale.

Avevo già parlato di come mi avessero sgridato perché avevo osato prendere qualche riga di appunto alla mostra su Tanaka Ikkō.
Da quel momento, ho sempre provato un certo timore nel compiere azioni che possano violare un qualche regolamento. Anche oggi per sicurezza, nonostante i cartelli mi fornissero già indicazioni in proposito, ho chiesto conferma sulla possibilità di poter scattare fotografie: "Sì, sì, ma senza flash".
Ok. Giustissimo. Tolgo il flash e inizio a scattare qualche foto. 

Confesso che avevo un certo presentimento
Soprattutto quando una signorina dello staff si avvicina con passo spedito e minaccioso verso di me. Dal suo tono cortesemente stronzetto in un inglese incomprensibile, capisco di aver fatto qualcosa che non andava. Di nuovo. Ma che cavolo!?
Ho scoperto alla fine che quando uso l'autofocus, nel mettere a fuoco il soggetto, la macchina fotografica emette una flebile lucina che si proietta sull'oggetto. Ecco la flebile lucina è assolutamente... "damè!!" ダメ! (parola dal suono duro utilizzata di sovente quando c'è qualcosa che non va, in genere situazioni spiacevoli).

Ma non è finita qui.
Stacco l'autofocus e metto il manuale, così non ci saranno più flebili lucine a violare il rigido regolamento. Arrivo nell'ultima stanza, osservo le opere del XX secolo. E noto che su un unico quadro c'è il simbolino del divieto di fotografia. Prima di uscire, come ho fatto di altre stanze, dalla -notevole!- distanza faccio per scattare una foto quando da dietro l'angolo... sbuca con un balzo felino l'ennesima signorina dello staff! 
Ancora di nuovo mi scontro con l'ennesima proibizione, stavolta di fotografare, seppur da lontanissimo il quadro con il divieto.

Con tutte queste infrazioni, se ci fosse la patente a punti dei musei a quest'ora me l'avrebbero già ritirata!

Poi troviamo un accordo. Posso fotografare. Ma senza inquadrare quel quadro.


E comunque alla fine ho vinto io. L'intransigente signorina non si era accorta che poco prima avevo già scattato una foto al quadro proibito...


lunedì 12 novembre 2012

Una mostra ad alta quota

Giusto ieri avevo deciso che la più semplice e proficua attività fisica quotidiana sarebbe stata prendere le scale anziché l'ascensore, da evitare assolutamente, come la senape nell'hamburger.

Ecco. Appunto.

Col mio nuovo saldo proposito, arrivo fischiettando felicemente nel luogo che ospita la mostra di mio interesse. "Via, guardiamo un po'... a che piano è?"


Per me, campagnola abituata a palazzi di massimo 3 piani e un sottotetto, è stato un bello shock.

Non credo ci sia neanche bisogno di specificarlo. Ho preso l'ascensore.

L'edificio in questione in effetti non è proprio un bruscolino che passa inosservato: siamo nel cuore di Shinjuku e si parla del Sompo Japan Building, 200 metri e 43 piani che grattano il cielo.



Il museo, Seiji Togo Memorial Sompo Japan Museum of Art, è per l'appunto al penultimo piano e ospitava per l'occasione la mostra che la massiccia pubblicità su muri e treni m'aveva convinto ad andare a vedere:

"James Ensor in Context",




un pittore belga che non conoscevo, ma che mi ha colpito per i colori vivaci e i tratti grotteschi dell'immagine utilizzata per la locandina.


Influenzato dal movimento impressionista e considerato precursore del surrealismo, è particolarmente da apprezzare la sua vena satirica e grottesca, che si esprime nell'uso di maschere e scheletri, come lo scheletro-pittore (forse un autoritratto?) dai colori sgargianti esposto alla mostra.



A chiudere l'esposizione temporanea dedicata a James Ensor, nell'ultima stanza, ben protetti e incastonati nella parete, le tre perle e vanto del Sompo Japan Museum of Art:


Pommes et Serviette di Paul Cezanne (1879-80) 



L'Allee des Alyscamps, Arles di Paul Gauguin (1888)


ed infine una versione de I girasoli di Vincent Van Gogh (1888), acquistato nel 1995 per la modica cifra di 39,9 milioni di dollari. E forse è anche un falso.



In tutto questo, mi ero scordata di specificare che questo museo prende il nome dal pittore giapponese Seiji Tōgō 東郷 青児 (1897-1978), di cui sono presenti alcuni quadri, che - come era facilmente prevedibile - esposti nella stessa stanza con ben più celebri colleghi, finiscono inevitabilmente per passare in secondo piano.


mercoledì 7 novembre 2012

Quando il concerto è gratis

Insomma, l'università offriva questa opportunità di andare a vedere un concerto gratis.

Ed eccola lì la parola magica: gratis. Non si dice mai di no ad una cosa gratis.

Così, senza starci a pensare due volte, ho preso e sono andata. Ho scoperto di cosa si trattasse soltanto appena mi sono seduta e ho sfogliato il libretto di sala.

Innanzitutto il teatro, la Kioi Hall 紀尾井ホール, si trova presso la fermata Yotsuya, una zona che, quando scende la notte e viene avvolta da una sottile nebbiolina, ha un'atmosfera molto affascinante. La Kioi Hall è piuttosto recente: è stata costruita nel 1970 dalla Nippon Steel Co. Ldt., un'azienda nel settore metallurgico e siderurgico legata al gruppo Sumitomo. 



L'interno è molto elegante, uno stile lineare e moderno, senza rinunciare alla tradizione, "incastonata" nella modernità, come testimonia il classico rubinetto dell'acqua (onnipresente in Giappone), posizionato accanto ai depliant e al telefono pubblico, in bella vista nel foyer.


L'orario dello spettacolo era proprio da gente che va a dormire presto come le galline. Alle 19 in punto si inizia e alle 21 si finisce. Poi via, tutti a letto. Praticamente quando da noi si inzia ad entrare a teatro, questi hanno già bell'e finito. (Anche se in realtà spesso gli eventi finiscono presto perché in genere dopo mezzanotte e mezzo non ci sono più treni e metro per tornare a casa...)

Il concerto era stato organizzato per celebrare il 60° anniversario delle relazioni diplomatiche tra Israele e Giappone. Si intitolava "Visas per Life" ed era incentrato sulla figura di Chiune Sugihara, l'"Oskar Schindler giapponese".


Sugihara era ambasciatore giapponese in Lituania, a Kaunas, quando nel 1940 i tedeschi attuarono le politiche xenofobe contro gli ebrei. Molti di loro si rifugiarono in Lituania, allora occupata dall'Unione Sovietica.
Chiune Sugihara, disobbedendo agli ordini del governo giapponese e mettendo a repentaglio la propria vita e quella della sua famiglia, decise di rilasciare più di 6000 visti per permettere agli ebrei, molti dei quali fuggiti dalla Polonia, di scappare oltre confine e rifiugiarsi in paesi ritenuti sicuri.
Lavorò instancabilmente 18-20 ore al giorno pur di rilasciare il maggior numero di visti possibile, tutti timbrati e scritti a mano, producendone in un giorno quanti generalmente se ne produceva in un mese. Pare che, quando arrivò l'ordine perentorio di tornare in Giappone, continuò a scriverne fino all'ultimo momento, lanciando gli ultimi documenti firmati e timbrati dal finestrino del treno in partenza.

La prima parte del concerto era dedicata alla figura di questo uomo coraggioso. Un ensemble composto da pianoforte, flauto, clarinetto, contrabbasso, violoncello, violino e chitarra classica accompagnava il soprano e la voce narrante che, sulle note scritte da Michael Barry, riassumevano gli episodi salienti della vita di Sugihara ("Visas for life" fa parte del "Sugihara Project" il cui sito ufficiale è questo).

La seconda parte del concerto invece consisteva in una serie di brani di musica classica eseguiti al pianoforte e al violino da due musicisti simbolo di questa collaborazione sessantennale tra Giappone e Israele: Eijin Nimura, violinista giapponese, e Sasha Toperich, pianista di origini israeliane. Impressionanti virtuosismi nel brano di Paganini Introduzione e variazioni sul tema "Nel cor più non mi sento" - col violinista un po' vanesio che si congelava in vistose pose plastiche per 15 secondi al termine di ogni brano -, ritmi incalzanti con la Danza Ungherese n.5 in Sol minore di J. Brahms ed infine un grande attesissimo classico: il Notturno Op.9 n.2 in Mi bemolle di Chopin.

Insomma, mica male per un concerto... gratis!

martedì 6 novembre 2012

Un mondo di mattoncini Lego

"Piece of Peace" è il nome della mostra temporanea nel grande magazzino Parco di Shibuya (notare la finesse del titolo: le parole sono omofone e si leggono entrambe /piːs/).

Terza edizione, dopo quella del 2003 e del 2008, si propone uno scopo non poco ambizioso:  mattoncini Lego come ambasciatori di pace nel mondo.

In occasione del 40° anniversario della Convenzione sul Patrimonio dell'Umanità, siglata dall'Unesco nel 1972, la mostra è dedicata proprio al patrimonio artistico mondiale, sempre più minacciato da conflitti, incurie e agenti atmosferici.

I paesi rappresentati sono ben 27.

Primo in classifica, ovviamente, il paese che promuove l'iniziativa che, manco a dirlo, è il Giappone.

Castello di Himeji, Itsukushima Jinja a Miyajima, monumenti di Kyōto, Nikkō, Okinawa...

 Itsukushima Jinja, Miyajima

 Villaggi storici di Shirakawa-go e Gokayama

Castello di Himeji

Castello di Shuri, Okinawa


  Nikkō


Secondi in classifica arriviamo noi, parimerito con i nostri cugini formaggivori, i francesi


In nostra rappresentanza abbiamo una Torre di Pisa circondata da allegri pupazzetti e il Colosseo, posizionato (o declassato??) fuori dalla mostra, nel corridoio, forse delegato ad attirare gente, forse destinato ad essere ignorato...




Prosegue il giro del mondo in miniatura passando dall'acropoli all'Abbazia di Westminister, dalla Sagrada Familia alla Statua della Libertà, dalle Alpi alle piramidi, dal Manzanarre al Reno...

Budapest

Londra

Piramide di Giza

 Statua della Libertà

 Bremen, Germania

Cremlino, Mosca

Mont Saint-Michel, Francia

Sagrada Familia, Barcellona

Vienna

Mulini di Kinderdijk-Elshout, Paesi Bassi

Taj-Mahal, India

Fortezza Hwaseong, Corea del Sud

Istanbul

Opera di Sydney

Ed infine, la Cina con la quale, come si sa, attualmente non corrono buone acque. Sono sempre lì a bisticciarsi per quelle 3 spiaggette delle isole Senkaku. Altro che Città Proibità e Muraglia Cinese! Si meritano solo di partecipare come animali!

Panda Sichuan

(A parte tutto, pare che da qualche parte ci sia stata anche la Grande Muraglia, ma io non l'ho vista. Che l'abbiano esposta nella versione "rasa al suolo"??)


domenica 4 novembre 2012

Fumo, sale e rebus: un nesso ovvio. O quasi.

Via via che si va verso il pieno dell'autunno, i post su questo blog diventano come le foglie sugli alberi... sempre più radi.
La colpa è dei tartassanti (e oserei aggiungere inutili) impegni scolastici che mi distolgono da attività ben più proficue, motivo per cui oggi ho deciso di ribellarmi al malefico sistema dei "mid term papers" (relazioni di metà semestre che, bada caso, capitano proprio la settimana dove ci sono 4 giorni di festa) per dedicarmi ad una sana attività esplorativa.

Per questo motivo oggi sono finita al Museo del tabacco e del sale (たばこと塩の博物館, Tabako to shio no hakubutsuskan).

Ora, a parte i tabagisti e gli ipertesi, chi è che va a vedere un museo sul tabacco e sul sale??

Io stessa l'avevo un po' snobbato e se non fosse stato per la mostra temporanea che termina giusto domani, non credo ci sarei mai andata. E sarebbe stato un peccato.

La mostra temporanea era sugli hanji-e 判じ絵, ovvero una sorta di rebus in lingua giapponese.
Gli hanji-e 判じ絵 si sono diffusi soprattutto in periodo Edo (1686-1800), anche se già erano presenti alla fine del XVI secolo. Consistono in immagini che, lette e composte in un determinato modo, danno origine ad un'altra parola. Esattamente come i nostri rebus.

C'erano varie serie di hanji-e: dai nomi dei pesci e delle bestie selvagge alle stazioni della Tōkaidō (la via che nel periodo Edo connetteva Edo -ovvero l'attuale Tōkyō- con Kyōto), dai segni zodiacali agli utensili da cucina.


Tra le più famose c'è quella della scureggia, che rappresenta in modo particolarmente significativo lo spirito ironico e giocoso del periodo Edo.


L'uomo a sinistra scorreggia. 
Sulla testa c'è scritto "a" あ. Sul peto, "sa" さ. L'uomo a destra, che becca il peto in faccia e si tappa disperatamente il naso, cosa potrà presumibilmente dire?? "Che puzzooo!!", che in giapponese sarebbe "Kusai!!!" (臭い).
Quindi: A+SA+KUSA (si considera solo il kanji, si omette la "i" finale"): ASAKUSA. Il nome di una zona di Tōkyō. Infatti questa immagine fa parte della serie dei luoghi famosi di Edo.

Nella locandina della mostra c'era quest'altra immagine che fa parte della serie "53 stazioni della Tōkaidō":


"Denti" si dice ha, "gatto" si dice neko: il nome della località è... Hakone! (ne e ko sono invertiti).

Alcuni enigmi sono difficili anche per i madrelingua, ma quando si riesce ad arrivare alla soluzione... la soddisfazione è assicurata!!

---

La mostra permanente invece dedica una sala alla produzione del sale, illustrando le tecniche di produzione recenti e quelle tradizionali, ad esempio il metodo Agehama della penisola di Noto (prefettura di Ishikawa).






Una bella abitudine che hanno i musei giapponesi (come anche altri paesi) è quella di offrire ai visitatori, grandi e piccini, tante attrazioni interattive, per far sì che la visita al museo, soprattutto quelli di scienza e di storia, non si limiti esclusivamente al "guardare le teche e leggere le tre righe di spiegazione".
Nella sezione del sale, tra le altre cose, c'era un display che offriva varie spiegazioni sugli utilizzi del sale, con video dal sapore decisamente Shōwa*...



Il primo e secondo piano sono invece dedicati al tabacco: dalla sua introduzione in Giappone fino al mercato odierno. Durante il periodo Edo, il tabacco veniva prodotto, lavorato e consumato in lunghe pipe chiamate niseru. Sebbene fosse un bene di lusso, la sua diffusione in tutti gli strati della società fu enorme, come le numerose illustrazioni ukiyo-e testimoniano.




A partire dal periodo Meiji (1868-1912), a causa della maggiore influenza dell'Occidente, si sono diffuse le sigarette, portando alla progressiva scomparsa delle piccole opere d'arte quali erano le pipe niseru. Aprono aziende come la Tengu Tobacco e dal 1904 il tabacco diviene monopolio di stato fino al 1985.

Marche e pubblicità di sigarette a partire dal periodo Meiji

 Ricostruzione di tabaccheria degli anni Sessanta

 Ricostruzione di tabaccheria degli anni Sessanta

Nell'ultima stanza, una serie di personaggi della cultura giapponese particolarmente appassionati di tabacco: gli scrittori Koizumi Yakumo (ovvero Lafcadio Hearn) e Dazai Osamu 太宰 治, il rangakusha e scienziato Hiraga Gennai 平賀 源内, il filosofo confuciano Ogyū Sorai 荻生 徂徠, il pittore Utagawa Hiroshige 歌川 広重,  il primo Primo ministro del Giappone Itō Hirobumi 伊藤 博文, etc.
Non poteva non venirmi in mente uno dei nostri più famosi tabagisti: il grande compositore e latin lover Giacomo Puccini.



-------

* Il "sapore Shōwa", che a me piace tanto ma che purtroppo sta sempre più scomparendo, è l'atmosfera del Giappone del dopoguerra fino alla fine degli anni '80, quando con la morte dell'imperatore Hirohito termina l'era Shōwa, ed inizia l'era Heisei con il figlio Akihito.